Pioveva senza sosta da tutta la mattina, e la maggior parte delle persone che entrava nello Store sembrava intenzionata più a trovare riparo che a fare acquisti. Alessandro, tuttavia, aveva appena concluso con successo una vendita e adesso si avviava verso la saletta relax, per prendere parte alla riunione del suo team.
I miglioramenti promossi dall’attività di Mystery Coaching® erano sempre più evidenti: l’attività di sviluppo in un mix tra formazione e coaching individuale/di gruppo stava dando i suoi frutti, dall’approccio al cliente così come previsto dallo standard di servizio, allo spirito di squadra che ciascuno dei ragazzi contribuiva a costruire e alimentare.
Quando la Santacroce arrivò allo Store32, Karima stava aiutando un cliente: la Mystery Coach rimase ad osservare come la giovane affrontasse l’esperienza di vendita dopo i consigli dei suoi colleghi. Lei stessa, al termine, si rivolse alla Santacroce, aveva imparato a non vergognarsi di chiedere un feedback e sapeva che ne avrebbe solo tratto utili apprendimenti.
All’ora di pranzo Beatrice Santacroce radunò tutti i ragazzi del team in sala relax: “Mettetevi comodi, fino alle 16 saremo impegnati in una riunione interna” disse loro con un sorriso.
Ora che tutti i ragazzi erano presenti, la Mystery Coach esordì: “Desidero complimentarmi con voi per l’ultimo incontro che abbiamo avuto: vi ho sentiti usare il ‘noi’ e parlare in termini di squadra e di Store. Questo progetto è stato voluto dall’Amministratore Delegato come percorso non solo per aiutarvi a migliorare la posizione in classifica, ma soprattutto per aiutarvi a lavorare sulla vostra consapevolezza e darvi gli strumenti per applicare lo standard di servizio”.
Dopo l’introduzione la Santacroce scrisse sulla lavagna la parola “apprendimenti” e poco sotto una serie di frasi e verbi. A turno i ragazzi dissero al gruppo con quali di queste espressioni si identificavano adesso.
Dopo aver acceso il PC, Beatrice proiettò una slide dal titolo “Patto d’aula” in cui campeggiava la frase: “Oggi siamo qui per condividere i risultati del monitoraggio Mystery e continuare a lavorare sul vostro piano di allenamento”. Irina alzò la mano per chiedere dei chiarimenti. La Mystery Coach spiegò che era stato fatto un Mystery Pilota per verificare come stavano andando l’applicazione della procedura di servizio durante il loro periodo di training on the job.
A rompere il silenzio che era calato fu Stefano: “Ragazzi non c’è differenza tra un Mystery e un cliente normale, di cosa abbiamo paura?”, Ginevra concluse la frase “Si, dobbiamo allenarci a tenere sempre l’asticella alta”. Nel frattempo era entrata Arianna Castello, la Store Manager, chiedendo ai ragazzi il permesso di assistere all’aula.
Rimase colpita da come era cambiato il modo di parlare di Stefano, e dal loro comportamento: adesso avevano una identità di gruppo e si riconoscevano in quella identità. Erano chiaramente migliorati da quando Beatrice li seguiva, e lei iniziava finalmente ad essere davvero fiera dei suoi ragazzi. Un sorriso di soddisfazione le si dipinse sul volto.
La Santacroce colse l’occasione a fronte di una Arianna finalmente ingaggiata per chiedere a lei, cosa aveva osservato in questo periodo di sua presenza nello Store. Si alzò in piedi, avanzò verso la lavagna, prese in mano un pennarello per prendere sicurezza e guardò ad uno ad uno i suoi ragazzi. La Mystery Coach lasciò la parola alla Store Manager, chiedendole di commentare i dati e collegare i risultati del Mystery alla quotidianità e ai risultati di business monitorati nell’ultimo trimestre.
Arrivati ai report qualitativi, la Mystery Coach chiese di leggere quello che veniva “applicato” dello standard di servizio e quello che invece “mancava”. Alcuni fecero fatica a collegare le azioni ai passaggi dello standard e la Santacroce li colpì nel segno quando disse “se non riuscite a descrivere quello che state facendo come se fosse un processo, non sapete cosa state facendo, ricordatelo!”.
Presero in mano il cartoncino della procedura di servizio e iniziarono a ricomporre i passaggi, leggendo ad alta voce e ripetendo passo dopo passo, perché, come dice la Santacroce “prima di prendere la patente abbiamo dovuto imparare ad allacciarci la cintura, inserire la marcia e guardare lo specchietto, abbiamo dovuto farlo e rifarlo affinché con il tempo questi gesti potessero diventare automatici”.
Stefano era il più preparato sulle competenze “hard” di vendita e aveva indovinato quasi tutti gli step “tecnici” del modello di servizio applicato nei report ma non bastava, la Santacroce gli fece notare che “la conoscenza del prodotto, per un esperto di servizio, non basta” e passò tra le sedie con un foglio di autovalutazione delle competenze allenate, chiedendo loro di riflettere singolarmente e rispondere per iscritto alle domande “Su una scala da 1 a 10, quanto valuti oggi queste capacità? E a che livello potrebbero arrivare? Cosa ti servirebbe per arrivare a questo livello?”.
Chiese ad uno ad uno di condividere i loro pensieri, la metà si sentiva di dover lavorare ancora sull’approccio al cliente mentre gli altri erano ancora deboli sull’upselling: la Santacroce suggerì di lavorare a coppie mischiandosi tra le due competenze da allenare, chiedendosi feedback reciproci durante le vendite.
Ma prima di questo esercizio, disse che per poter allenare l’osservazione occorre avere modelli per farlo: uscirono dallo Store – ora chiuso al pubblico – e andarono dall’altro lato della strada, nel negozio di scarpe, e provarono a osservare focalizzandosi sulle trattative di vendita, in alcuni casi anche entrando in relazione e simulando delle vere e proprie trattative. Si erano divertiti da morire a vestire per una mezz’ora i panni del “mystery”!
Tornati in aula la Santacroce fece fare un esercizio diverso dal solito “vi chiedo di dividervi in coppie e immaginare di avere davanti quel venditore che avete osservato: quale feedback gli dareste?” i ragazzi si scambiarono una serie di giudizi mentre la Mystery Coach girava tra i tavoli e ascoltava le loro affermazioni; ad un certo punto fermò la simulazione e chiese l’attenzione di tutti “chiedo a chi era nei panni del venditore di dirmi come si è sentito mentre riceveva il feedback del collega…” Karima, che interpretava un’addetta che aveva “liquidato” il cliente senza neanche ascoltare i suoi bisogni disse “per niente bene, mi sono sentita attaccata e il tono del feedback era più una direttiva che un aiuto a migliorarmi”, Stefano sbuffò, era ovvio che si trattava di una simulazione.
La Santacroce la ringraziò per l’intervento e disse “Sembra facile dare un feedback… ma c’è una differenza profonda tra il giudizio di merito che diamo all’altro e una descrizione oggettiva di quanto abbiamo osservato, cosa è più utile e funzionale all’apprendimento?”, mentre diceva ciò pensava che avrebbe usato questo esercizio per parlare alla Store Manager, era davvero necessario, prima di lasciarli, darle un modello di osservazione e feedback per la sua squadra…
Erano passate 4 ore, i ragazzi erano stanchi e la Mystery Coach si fermò li, li aveva “shakerati” abbastanza, pensò sorridendo. Tirò fuori il mazzo delle carte metaforiche, quelle che usava nelle sessioni di coaching e che raffigurano una serie di volti e immagini che esprimono emozioni, e chiese a ciascuno di scegliere una carta che esprimesse il loro attuale stato d’animo. Tutte sorridenti, gioiose, giocose, tranne la sua, quella che scelse rappresentava il volto di una persona con un velo di malinconia: si, quello di oggi sarebbe stato il loro ultimo incontro.
I ragazzi lo avevano capito, quindi bastò solo dire: “Come avrete immaginato, il nostro percorso si conclude qui, ma vi lascio in ottime mani con la guida della vostra Store Manager… Sono davvero molto felice di avervi conosciuti”. Nell’aula scoppiò un applauso e si alzarono tutti in piedi per andare a ringraziare, ad uno ad uno, la loro Coach.
Per esercitare l’applicazione di uno standard di servizio nella relazione con il cliente, il Coach lavora sulla capacità di usare l’osservazione per riconoscere i comportamenti agiti nella quotidianità, per descrivere inmodo oggettivo ciò che si osserva e per restituire un feedbackpertinente, chiaro, diretto e semplice. Le carte metaforiche citate nella storia sono uno strumento utile per allenare la comprensione delle proprie e altrui emozioni e ristrutturare l’alternanza delle emozioni e degli stati d’animo che chi ha a che fare con clienti/utenti deve sapere maneggiare.
Episodio estratto dall’articolo pubblicato nel 2017 per il progetto Store32