Dopo essere rientrata a casa, quella sera, Beatrice Santacroce posò sul tavolo della sala la cartella con le valutazioni individuali dei ragazzi del team dello Store32. La Mystery Coach ripensò soddisfatta alla giornata appena trascorsa: ora voleva solamente riposarsi, i feedback individuali erano stati proficui ma impegnativi. Aveva seguito i ragazzi tutto il giorno, facendo loro domande e spronandoli a credere in loro stessi, supportandoli nell’analisi oggettiva delle varie attività di vendita svolte e nell’individuazione di soluzioni alternative per attuare il modello di servizio. Ora però era il momento di mettere da parte il lavoro per dedicarsi a sé stessa: dallo stereo si diffuse una musica tranquilla, lei si abbandonò sul divano e un sonno ristoratore la avvolse piano piano.
Quella sarebbe stata una giornata davvero importante: era il momento di comunicare i primi feedback individuali dopo l’osservazione delle attività sul campo.
Avrebbe parlato con tutti i membri del team nell’arco della giornata, a partire da Arianna: il colloquio con la Store Manager era in cima alla lista delle sue priorità, principalmente a causa del disagio manifestato da quest’ultima qualche settimana prima. Arianna infatti non si sentiva parte della squadra, nonostante il suo inserimento fosse apparso inizialmente positivo e ben riuscito.
Terminato il colloquio con Arianna, Beatrice Santacroce entrò nella saletta relax seguita da Karima.
“Karima cosa ti è successo ieri?” chiese la Mystery Coach. La ragazza ci pensò su un attimo e rispose: “Mi sono bloccata davanti alla cliente, non sapevo cosa dire… e poi è intervenuta Ginevra”.
“Vieni con me, proviamo insieme ad accogliere la prossima cliente; in cambio ti chiedo di prenderti un minuto per osservare attentamente la cliente e provare a individuare tre elementi di interesse che ti possano essere d’aiuto per approcciarla”.
Quando si trattò di passare all’azione, tuttavia, la Mystery Coach notò subito che Karima era di nuovo nervosa: rimase bloccata a una certa distanza dalla cliente, in una posizione che non le consentiva né di raccogliere informazioni né di capire se la donna avesse bisogno d’aiuto o volesse fare da sé.
Il tempo intanto passava: Karima si aspettava che la Santacroce intervenisse al suo posto, ma quest’ultima le sorrise restando in silenzio e guardò rapidamente l’orologio.
Poco distante da loro Alessandro stava assistendo un cliente intento ad osservare il banco dei profumi; la Mystery Coach restò a debita distanza e dall’espressione sul volto dell’uomo intuì che non aveva capito nulla di quanto gli era stato appena detto da Alessandro. Si avvicinò per osservare meglio la scena: Alessandro provò a ripetere la frase in inglese, senza però ottenere risposta; ritentò allora con il francese e lo spagnolo, ma nemmeno così riuscì a ottenere il risultato sperato. Beatrice osservava i suoi tentativi con grande interesse, apprezzando in modo particolare il nuovo atteggiamento assunto dal ragazzo nello svolgere il proprio lavoro.
Ad un tratto, dopo aver osservato meglio la fisionomia del cliente, Alessandro ebbe un’idea: forse Irina avrebbe potuto aiutarlo. Senza perdere altro tempo, si allontanò rapido per andare a cercare la collega.
Stefano, vedendo Alessandro lasciarsi alle spalle il cliente sempre più smarrito, stava per intervenire, ma Alessandro non si fece attendere a lungo e ricomparve con Irina al suo fianco.
La Mystery Coach fu piacevolmente sorpresa dalla prontezza con cui Alessandro aveva risolto il problema di comunicazione con il cliente straniero: come sperato, Irina non ebbe alcuna difficoltà a farsi comprendere dall’uomo, e Alessandro li lasciò conversare tranquillamente al banco dei profumi. Terminati i suoi acquisti l’uomo si profuse in affettuosi saluti e calorosi auguri, promettendo di ritornare il prima possibile.
Notando che la Santacroce stava volgendo altrove la sua attenzione, Karima si fece coraggio, si avvicinò alla cliente ed esordì dicendo: “Salve, se ha bisogno sono qui”. La signora, colta di sorpresa, si girò di scatto e impulsivamente rispose: “Grazie, sto solo dando un’occhiata”. Karima guardò Beatrice, scoppiò in lacrime e corse via. La Mystery Coach la prese sotto braccio, le sorrise dolcemente e la accompagnò nel back office. Dopo averla invitata a sedersi le disse tranquillamente: “Calmati Karima, e prova a pensare a quanto accaduto.
Cerchiamo di descrivere oggettivamente la situazione, cosa avresti potuto fare di diverso per servire la cliente?”. Dopo qualche minuto di silenzio, il coaching iniziò a fare effetto: Karima stava finalmente riflettendo su sé stessa, lasciando da parte la competizione con i colleghi e le convinzioni che la bloccavano e non la rendevano lucida. Riconobbe che avrebbe potuto mettersi in una posizione più visibile per la cliente, osservarla, sorriderle, avvicinarsi con calma e comprendere, a partire dal fatto che la signora stava toccando il tessuto tecnico delle tute da sci, che probabilmente cercava rassicurazioni sulla tenuta di calore a basse temperature. Studiarono quindi un piano d’azione per la vendita successiva, e il primo sorriso della giornata illuminò il viso di Karima.
Venne poi il turno di Stefano: ricordando l’eccellente performance di vendita del ragazzo, la Mystery Coach gli pose questa semplice domanda: “Cosa pensi ti abbia consentito di raggiungere il successo con il cliente di ieri?”. Stefano la fissò: “In realtà non ci ho pensato, è stato tutto immediato e spontaneo”.
La Santacroce rilanciò: “Prova a pensarci, dimmi tre elementi oggettivi che hanno determinato il risultato ottenuto”.
Stefano si sentì sfidato: conosceva a memoria il modello di servizio, ed era in grado di metterlo in pratica adattandolo a ogni tipo di cliente e di situazione; questo tuttavia non gli fu sufficiente per rispondere alla domanda della Mystery Coach.
Lei continuò a incalzarlo: “Se non sai rispondere è probabile che il tuo successo sia una casualità e che non sarai in grado di replicarlo. Rifletti su questo, ne riparleremo”. Le certezze di Stefano si stavano sgretolando: era davvero il più bravo di tutti o solo il più performante? In realtà Beatrice Santacroce aveva molta fiducia nelle sue capacità, poiché Stefano aveva rivelato di possedere tutte le doti necessarie per diventare un ottimo Store Manager. Ciononostante c’era ancora molto lavoro da fare: doveva imparare ad ascoltare i suoi colleghi e soprattutto a non voler sempre occupare il centro della scena, poiché in uno Store il risultato è dato dal gioco di squadra.
L’ultimo colloquio della mattinata fu quello con Ginevra: la Mystery Coach si era appuntata le parole esatte usate dalla ragazza per accogliere la cliente del giorno prima, annotando inoltre il sorriso caloroso e la spontaneità che le avevano accompagnate.
Terminata la pausa pranzo, Beatrice Santacroce invitò tutti al caffè di briefing e chiese a Karima di raccontare la sua esperienza. Ginevra la ascoltò con grande attenzione; Stefano era ancora deluso da sé stesso e dalla sua incapacità di trovare una risposta alla domanda della Mystery Coach, ma quando Karima smise di parlare intervenne e disse, tra lo stupore generale: “Ti devo ringraziare di cuore, Karima: ora ho capito cosa mi manca e cosa voleva dirmi prima Beatrice. Vorrei aggiungere anche io qualcosa di utile per il gruppo, quindi vi racconterò la mia esperienza di vendita di ieri”.
Il desiderio spontaneo di confronto aveva creato una situazione di successo condiviso e generato una sensazione nuova: non si parlava più al singolare, non si usavano più “io” o “tu”, ma “noi”. I ragazzi iniziavano finalmente a sentirsi una squadra.
Arianna Castello, spostandosi tra i vari reparti dello Store per coordinare arrivi e promozioni, si accorse subito dell’aria diversa che si respirava, testimoniata anche dai sorrisi dei clienti che uscivano dal punto vendita. Cosa stava succedendo? C’era davvero un cambiamento in atto…
Nel modello Mystery Coaching®, dopo un’osservazione diretta nell’ambiente di lavoro, il Coach restituisce alle singole persone ciò che ha visto e sentito delle interazioni con i clienti/utenti e delle dinamiche tra colleghi. Dà feedback individuali utilizzando un linguaggio positivo, volto a generare consapevolezze sull’importanza della comunicazione nella relazione con il cliente/utente. Fa domande efficaci per stimolare la persona a individuare nuovi comportamenti per trasformare il modello di servizio da procedura ad azione quotidiana.
Episodio estratto dall’articolo pubblicato nel 2017 per il progetto Store32