Sembrava un mystery audit facile. Il corso di formazione era stato chiaro, esaustivo e divertente. Il formatore aveva spiegato con chiarezza gli obiettivi del mystery, da svolgere per conto di un noto marchio del lusso. Mezza giornata dedicata alla parte teorica e nel pomeriggio simulazioni e role-play, dove abbiamo dovuto dimostrare anche capacità d’improvvisazione e teatralità.
Inizio il mio mystery, nella data e all’ora stabilita, dallo studio di casa, monitorando il sito web del committente, che d’ora in avanti chiamerò Brand X. Sito di facile accesso, home page ben strutturata, leggibile, con poche, essenziali, informazioni (storia, collezioni uomo, donna, accessori e punti vendita).
Analizzo il sito in italiano e controllo, confrontandolo con le istruzioni, che anche nelle altre quattro lingue corrisponda allo standard previsto. Invio poi una richiesta d’informazioni su una borsa della nuova collezione, apparsa su tutti i manifesti pubblicitari: lo scopo del contatto è verificare l’assenza/presenza di risposta entro ventiquattro ore e lo stile di risposta.
Con un po’ di fantasia, tutte le mie conoscenze linguistiche e i miei svariati account di posta “da mystery”, invio richieste d’informazioni anche nelle altre lingue. Sono ancora alla scrivania, ed è già giunto il momento di procedere all’acquisto! Check-list e istruzioni sempre alla mano, mi registro e inizio a consultare lo store online.
Scelto il prodotto, controllo la disponibilità di colore e misura, e… non resta che acquistare. Procedura di pagamento a buon fine al secondo tentativo, e ora attendiamo di entrare in possesso della Brand X Bag all’ultima moda.
Il corriere mi recapita il pacco, sigillato e ben conservato. Lo apro e inizio a osservare: la BrandxBag è avvolta in una busta dorata, all’interno c’è un bigliettino in carta pergamena con ringraziamenti personalizzati, come ci avevano mostrato durante il corso. È presente la garanzia di originalità e le istruzioni per il reso sono chiare e corrette. Compilo l’ultima pagina di check-list del mystery web e mi schiarisco la voce… è ora del mystery calling!
Devo monitorare la capacità del call-center di gestire un reclamo sul prodotto acquistato. Dopo una breve attesa, allietata da una musica di sottofondo, mi risponde un operatore: “Brandx, buongiorno sono Mr X, in cosa posso esserle utile?”. Con tono freddo e distaccato, come da sceneggiatura, mi lamento del colore della borsa: è opaco, nell’immagine sul sito invece era lucido.
L’operatore mi rassicura e mi fa domande per capire meglio la situazione. Il tono della sua voce è caldo e pacato, rimane concentrato e non cade nelle mie provocazioni. Mi spiega che posso rispedire la borsa a spese dell’azienda entro una settimana e riavere accreditati i soldi, come da policy aziendale. Mi saluta e ringrazia chiamandomi per nome e m’invita ad andare nello showroom Brandx della mia città.
Compilo il questionario e alla domanda “come valuta complessivamente la capacità dell’operatore di gestire il reclamo?” do punteggio massimo, perché sono stati rispettati tutti i dieci parametri (domande, tono della voce, competenza sull’oggetto del reclamo, rapidità di risposta, ecc) previsti. È giunto il momento di separarmi dalla BrandxBag e, come da istruzioni, la rispedisco tramite corriere.
Ripasso lo scenario e le istruzioni per il mystery shopping, memorizzo i requisiti di verifica e segno sul cellulare le cose più importanti. Abbigliamento adeguato al profilo del cliente Brand X e sono pronta per un pomeriggio di shopping!
La mia valutazione comincia dall’esterno del negozio:
Entro, una venditrice mi saluta sorridendo. Mi guardo in giro, mostrandomi subito interessata ai prodotti esposti. Mi lasciano il tempo di osservare la collezione, poi un venditore si avvicina e mi chiede come può aiutarmi. Spiego che sto cercando un abito per un’occasione speciale e mi lascio guidare da lui. Come prevede il modello di servizio, mi pone subito alcune domande per esplorare le mie esigenze: occasione d’uso dell’abito, stile, colori e tessuti preferiti e come vorrei sentirmi in quest’occasione. Dopo avermi ascoltato attentamente, mi mostra un abito in seta; ritiene sia quello che sto cercando: il tessuto è perfetto per un’occasione importante, le applicazioni sono fatte a mano, il colore valorizza il mio incarnato ed è un abito che non passa mai di moda. M’invita a provarlo e mi accompagna in camerino. Ne approfitto per controllarne illuminazione, pulizia e comfort. Mi aspetta fuori dal camerino, mi aiuta a sistemare l’abito, suggerisce di tenere i capelli raccolti in uno chignon e di portarlo con un’ampia stola, per non sentire freddo la sera; mi fa anche provare delle scarpe con tacco alto, per slanciare la figura e impreziosire l’abito. Mi aiuta nella decisione e alla fine della trattativa mi accompagna in cassa. Un altro addetto esegue la procedura di cassa correttamente, ma in modo meccanico: non mi guarda mai negli occhi e non valorizza l’acquisto, come indicato invece dalla policy aziendale. Un ultimo sguardo attento alla pulizia e all’ordine della cassa e del negozio in generale, saluto e ringrazio. Sono pronta per la serata, ma soprattutto per compilare il questionario! Uno degli obiettivi del mystery shopping era il monitoraggio della capacità di argomentare i prodotti e suggerirli in relazione ai bisogni del cliente. Presto quindi particolare attenzione alla sezione relativa alla trattativa di vendita. Alla domanda “come valuta la capacità di far percepire il beneficio del prodotto?” mi fermo e ripenso alle esercitazioni svolte in aula sull’uniformità di giudizio. Ho dato valutazione massima, controllo i parametri: ha fatto percepire il beneficio del prodotto per le mie esigenze, ha saputo cogliere bisogni e desideri anche inespressi, mi ha dato suggerimenti utili.
Sembrava un incarico facile. È stato più impegnativo di quanto pensassi perché, per rispettare il livello di qualità richiesto, ho dovuto attingere, oltre alle conoscenze acquisite sul campo e durante i corsi di formazione, anche a competenze, abilità e attitudini personali 1 che apparentemente hanno poco a che vedere con il mystery audit.
Ho messo in campo conoscenze informatiche, di comunicazione, teatrali e conoscenze specifiche sul settore retail – lusso; ho dovuto prestare particolare attenzione nel rendere la valutazione oggettiva, mantenendo il focus sul modello di servizio e sugli obiettivi del committente.
Ancora una volta ho avuto la riprova che il mystery auditor è una vera e propria professione, finalmente regolamentata (dalla Norma UNI/TS 11312) e riconosciuta, grazie al registro professionale AICQ SICEV istituito da pochi mesi.
“Non si tratta di chiedere al Mystery client di essere uno psicoanalista o un “guru” della comunicazione non verbale ma di curare e continuamente affinare la sensibilità comportamentale personale unitamente alla propria intelligenza emotiva”. dal libro “Il Mystery Client. Una metodologia efficace per verificare la qualità in incognito.” Ugo de’Sperati – Walter Piacentini. Ed. UNI
Articolo pubblicato su Magazine Qualità – 2010